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Oggi tutto bene



Ci sono momenti in cui i fatti sembrano voler sintetizzare le intenzioni. Non accade sempre, ma quando succede è difficile non provare una certa soddisfazione.

Mi aggiro nel mondo dell'orto vissuto in chiave educativa per il decimo anno consecutivo e da alcuni anni collaboro con i nidi d'infanzia. Quante volte avrò risposto, spesso con argomentazioni diverse, alla domanda "che senso ha fare l'orto al nido?". L'ultima delle mie risposte è stata questa:

perché nel momento di attività necessariamente guidata dall'adulto i bambini hanno modo di esperire la relazione, il cooperare, il mettersi in sfida sul piano delle abilità manuali, l'ambiente esterno, l'incontro con la natura, l'attesa e molto altro e perché quel momento modifica gli spazi esterni favorendo momenti di senso educativo in libertà, momenti in cui i bambini possono farsi carico della propria educazione secondo il proprio stile di apprendimento, senza trascurare in entrambe le situazione la forza educativa del divertimento. 


Ecco, oggi tutto bene perché tutto questo trova una sintesi meravigliosa nella fotografia che apre questo post.

Cosa accade nella scena rappresentata?

Accade che al termine di un'attività guidata dall'adulto (l'allestimento di un kit di coltivazione e la piantagione delle patate) i bambini colgono ben quattro opportunità offerte dagli spazi esterni del nido avendo la possibilità di scegliere in libertà e di rimodulare continuamente la propria scelta. I bambini nel cerchio rosso in primo piano colgono l'invito a terminare il riempimento del kit in cui abbiamo piantato le patate. Quelli nel cerchio rosso in secondo piano si adoperano nel caricare e trasportare terra secondo un proprio progetto nato sul momento e possibile grazie alla presenza di terreno vangato. I bambini nel cerchio azzurro preferiscono dedicarsi ad altro utilizzando materiali presenti al bordo del giardino. Intanto, il nascondiglio / tunnel indicato dalle frecce azzurre, adattato lo scorso anno lavorando sulle piante pre-esistenti, sta per divenire un quarto scenario di esperienza e gioco (vedi la fotocronaca a fine articolo).

In pochi minuti sta succedendo tutto quello che ci si proponeva e che è stato reso possibile da almeno tre azioni:

- la modifica degli spazi esterni del nido,

- lo svolgimento di attività generatrici di trasformazioni insieme ai bambini,

- l'adozione di tempi lenti e lunghi che consentono di valorizzare sia i momenti di attività guidata, sia quelli di apprendimento libero e ludico.

Per i più curiosi segue una fotocronaca della mattinata.


Allestimento cooperativo nel kit "Orto in Terrazzo"

Alla scoperta dei tuberi di patata
Piantagione delle patate

Il tempo giusto per differenziare le esperienze

Movimenti di terra in corso

Cooperazione nel carico della terra

Non solo giardino: cogliamo altre opportunità!

Avventura nel nascondiglio / tunnel vegetale - 1

Avventura nel nascondiglio / tunnel vegetale - 2

Un ringraziamento speciale al nido d'infanzia "Il nido" di Lucca per la fiducia accordata a chi ha appena terminato di scrivere questo articolo, cioè Emilio Bertoncini.








Cosa succede all'orto scolastico in estate?

Il titolo di questo post è la più classica delle domande e ammette più risposte Proviamo a vederne alcune.

La prima, quella che spesso mette in difficoltà sul piano tecnico, è la seguente: l'orto scolastico in estate può non esistere. Se non ci sono le condizioni per la cura dell'orto (manca l'acqua, non si può entrare nella scuola, nessuno è disponibile), la cosa migliore è progettare un orto che preveda la raccolta di tutti gli ortaggi a fine anno scolastico e il riposo estivo. Patate, ravanelli, carote, lattughe, piselli, fave e altri ortaggi possono aiutarci in questo. Lo stesso vale per alcuni cereali che possono trovare il loro spazio nell'orto, come grano e orzo. L'importante è che l'orto nasca durante l'anno scolastico e non alla fine di quest'ultimo, in primavera, quando si cade facilmente nella tentazione di piantare ortaggi a ciclo primaverile - estivo. Nelle partenze tardive è meglio comporre una scacchiera di lattughe da raccogliere prima della fine dell'anno scolastico. Purtroppo, non sempre ci si riesce e lo spettacolo dell'orto che muore è l'antitesi educativa del progetto di orticoltura didattica. Questa risposta / ipotesi non va molto d'accordo con chi vive in montagna e trova nel periodo estivo l'unico momento in cui far crescere gli ortaggi.

Una seconda risposta è che l'orto può migrare dove qualcuno se ne potrà prendere cura. Questo è possibile quando si coltiva in contenitori facilmente spostabili. Una soluzione di questo tipo può richiedere una certa progettazione e di questa fa parte l'individuazione di chi è disponibile a portare "a casa" l'orto. Potrà trattarsi degli insegnanti o di altre figure interne alla scuola, ma anche delle famiglie e dei bambini.
In quest'ultimo caso si potrebbe pensare ad una pre-adozione di piccoli orti che i bambini seguiranno a casa durante l'estate. Gli orticelli realizzati in cassetta o altri piccoli contenitori possono nascere a scuola e poi vivere la loro estate a casa dei bambini. Al rientro a scuola potranno dare vita ad uno storytelling in cui racconto, disegni e fotografie rendono l'orto nuovamente condiviso all'interno della classe. Non sfugga il fatto che una soluzione di questo tipo coinvolge la famiglia sia in un "fatto della scuola", sia nelle gestione di un micro-orto, cioè il quel produrre cibo che potrebbe insegnare molte cose, dal senso della cura alla stagionalità degli ortaggi.

La terza risposta, capace di aprire molti scenari e riflessioni, è questa: "in estate si continua a curare l'orto scolastico". Perché questa accada sono necessarie alcune cose. Prima di tutto, il progetto dell'orto deve aver previsto gli ortaggi estivi. Non è cosa difficile, perché in primavera la tentazione di piantare pomodori, peperoni e melanzane è forte, così come quella di seminare mais e fagioli. La scuola deve disporre di un approvvigionamento idrico accessibile in estate e lo spazio dell'orto deve essere accessibile. Nella prima parte dell'estate non è improbabile che il personale ATA della scuola sia ancora al lavoro. In alcune scuole i bidelli sono in servizio anche nel mese di luglio, così come il personale di segreteria, e, se coinvolti nel progetto e compensati con la soddisfazione di qualche raccolto, possono dare un grande aiuto nel far sopravvivere l'orto. 

Se la scuola ospita attività estive o se l'orto è accessibile ad una scuola estiva o, ancora, se ci sono attività di ludoteca o spazio gioco, l'orto della scuola può diventare un supporto educativo proprio per queste realtà. L'orto continua a svolgere la propria finalità educativa, sebbene rimodulata su una nuova utenza. Inutile dire che questa possibilità costituisce un elemento di cui tener conto in fase progettuale, non solo per far sopravvivere l'orto, ma per valorizzarlo nelle proprie funzioni didattiche.

C'è almeno un'altra possibilità ed è quella che piace di più a chi sta scrivendo, cioè la partecipazione delle famiglie e degli stessi insegnanti alla manutenzione estiva. C'è, in particolare, un'esperienza marchigiana che può, è il caso di dirlo, "fare scuola". Si tratta della Scuola Primaria di Cesolo, nel comune di San Severino Marche (MC), nella quale le insegnanti coinvolte nel progetto hanno ottenuto l'autorizzazione del dirigente scolastico a recarsi a scuola in estate con i bambini e le famiglie. Allo scopo è stato creato un gruppo di Whatsapp attraverso il quale sono "convocati" gli incontri nell'orto. La risposta delle famiglie è stata, nel primo anno di attivazione, buona e l'orto in estate è stato uno spazio di convivialità, condivisione e, se vogliamo, di apprendimento non convenzionale. A questa situazione fortunata possono corrisponderne infinite altre, come quella che da quasi dieci anni va avanti nella Scuola dell'Infanzia di Nave, dove lo scrivente con la saltuaria collaborazione di altri genitori cura l'orto anche nottetempo. Anche questa è una soluzione per donare alla scuola un orto capace di rispondere alle finalità educative fin dal primo giorno di attività in settembre.

Esistono altre possibilità? Probabilmente sì e il bello consiste proprio nel fatto che ogni scuola può trovare la propria soluzione e dotarla di un senso educativo.

Prima di chiudere, una piccola nota tecnica: dare acqua alle piante è un'occasione di cura e scoperta e farlo manualmente sul piano educativo è molto più arricchente che dotarsi di un impianto di irrigazione, anche se questo può risultare infinitamente più comodo ed efficace sul piano agronomico.

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[Pezzo scritto da Emilio Bertoncini - www.emiliobertoncini.com - animatore di questo blog e dell'esperienza che fa capo al sito www.ortiscolastici.it]

Segnali di fumo

Preparazione della "Zuppa della strega"
Quante parole spendiamo per parlare di cibo? Tante. Quante di queste sono rivolte ai bambini? Tantissime.Quante di queste, però, arrivano davvero ai destinatari? Eh, forse di meno. A volte perché il modo in cui portiamo questo tema all'attenzione dei bimbi non parla il linguaggio degli stessi e non li appassiona.
La soluzione non sono di certo i segnali di fumo, ma un po' di questo potrebbe anche aiutare. Come?

Alla The bilingual school of Lucca è nata l'idea di fare un gioco molto serio che partendo dal fumo ha permesso di affrontare in modo divertente e coinvolgente il tema del cibo. Un gioco che ha messo insieme due momenti molto particolari. Il primo, un po' magico, è stato quello della preparazione della "zuppa della strega". Inutile dire che gli ingredienti rimangono segreti ma, trovandoci al limitare dell'orto, si è trattato di ortaggi e di qualche erba aromatica cresciuta in un bellissimo labirinto (che sia anch'esso magico?). E' stata un'occasione per parlare dei possibili ingredienti di una zuppa, del ruolo di alcune piante aromatiche nella nostra alimentazione e dell'importanza dell'olio extravergine di oliva biologico nella nostra dieta. Se ne è parlato tra bacchette magiche e promesse di incantesimi, un modo di certo non "serioso" ma molto coinvolgente per i bambini che si sono avvicendati nell'aggiungere ingredienti più o meno magici e per girare la zuppa che stava cuocendo. Qualcuno si è avventurato vicino a un fuoco che non è nato per magia, ma che è stato acceso con maestria e con tutte le precauzioni atte a renderlo utile e non pericoloso. Un grande secchio pieno d'acqua e un estintore erano, infatti, nelle vicinanze, mentre i bambini si trovavano a debita distanza finché non è stato chiaro che il fuoco fosse ben addomesticato.

Le castagne al fuoco
Se la zuppa è stata un tramite per parlare di cibo in modo fantasioso e legato al momento (Halloween e Lucca Comics and Games erano in arrivo), il fuoco ha fatto da ponte con la tradizione. Una volta liberato dalla zuppa, infatti, è servito per fare quelle che in Toscana si chiamano "mondine", "bruciate" o, con un gergo ben più diffuso, "caldarroste".
Nel solco della tradizione locale sono state, infatti, arrostite le castagne che i bambini hanno potuto sbucciare ancora calde e mangiare. Inutile dire che, come sempre accade, la reazione è stata molto diversa: si va da bambini che dopo un primo assaggio si sono fermati di fronte ad un sapore troppo intenso e nuovo ad altri che avrebbero mangiato i frutti di un intero castagneto.
Ciò che conta è che, evitando slides e tante parole, i bambini abbiano sperimentato in prima persona un modo tradizionale di cuocere le castagne e che abbiano avuto modo di esplorare gusti nuovi. Per capire il castagno e la sua cultura serve ancora molto, ma questo primo passo può essere davvero importante, così come il fatto che il fuoco e il fumo, spesso associati al pericolo, siano tornati ad una propria normale utilità.

Niente di magico, ma anche questo tentativo è un po' un segnale di fumo che manda un messaggio a chi si quotidianamente vive il mondo educativo e la necessità di parlare del cibo e della sua cultura ai più piccoli. Gesti antichi e semplici, un po' di fantasia e il coinvolgimento diretto sono ingredienti comunicativi che possono aiutare molto. Ancor di più il coniugare il fare, le informazioni che riteniamo utile trasmettere e la sollecitazione dei sensi, dal gusto all'olfatto, dalla vista al tatto e fino all'udito.

Non sentite anche voi il crepitìo del fuoco e l'odore del fumo?

Storia per immagini di un labirinto vegetale (scolastico)

Come raccontato in un precedente post, tutto è iniziato con una passeggiata che dalla scuola ci ha portati davanti al duomo della città di Lucca.
E' su una delle colonne che ne sostengono la facciata che abbiamo osservato il labirinto al quale ci siamo ispirati per la progettazione di quello dell'orto della The Bilingual School of Lucca. Esso ad oggi ospita varie bulbose, un mais ottofile marchigiano, girasoli, fragole, sedani e alcune piante aromatiche (più varietà di salvia officinale, rosmarino, timi, salvia ananas, santolina, elicriso, ecc.). Il labirinto, la cui storia è riassunta dal video disponibile qui sotto, è un luogo di sapori e profumi e costituisce una piccola ma importante stanza dell'orto scolastico. Fin dall'inizio è stato un luogo in cui coltivare cooperazione e condivisione.

Buona visione!






The strange mushrooms

"Esperienze di orticoltura didattica a scuola": è questa l'espressione che mi piace utilizzare quando parlo di orti scolastici. Sulle prime non è facile comprendere la differenza, ma è sostanziale: nel primo caso l'orto è un mezzo per vivere esperienze educative e formative, nel secondo l'orto diviene il fine e limita le possibilità di esplorare il mondo, cosa che scuola e servizi educativi sono chiamate a fare con i bambini e i ragazzi. Ne ho parlato ampiamente nel libro "L'Orto delle meraviglie".

Se esperienza deve essere, si deve abbandonare la logica dell'attività didattica, quindi di un qualcosa di strutturato e preordinato tanto negli obiettivi, quanto nei risultati e nello svolgimento. Un esempio estremamente calzante si è presentato qualche settimana fa presso la "The bilingual school of Lucca" dove da alcuni anni esiste un orto scolastico. Come programmato, i bambini sono usciti dall'edificio che ospita la scuola per andare nel "giardino segreto" che ospita una parte dell'orto. Era prevista la lavorazione di una parcella di terreno cui sarebbe seguita una semina, ma uno dei bambini ha ben presto notato alcuni funghi posti alla base di un albero al quale è appoggiata una delle grandi immagini di ortaggi che campeggiano proprio nel giardino segreto. "Guardate, ci sono dei funghi!" ha esclamato. Da quell'esclamazione è nata un'esperienza molto articolata che nessuno aveva e avrebbe potuto programmare e che ha trasformato una tranquilla mattinata di orticoltura didattica in un momento di straordinaria valenza educativa.

Per capire cosa è successo dobbiamo proseguire con un po' di cronaca e commentarla.


I bambini corrono verso la famigliola di funghi, io mi faccio spazio tra loro e arriva subito una domanda: "Che funghi sono?". Di fronte alla domanda chiedo ai bambini di sedersi in cerchio, cosa che faccio anch'io, e smonto subito il mio ruolo di esperto: "Bambini, io sono un agronomo, cioè una persona che sa come si coltivano le piante, e i funghi non li conosco". Facce ammutolite. Continuo: "Non si può essere esperti di tutto. L'esperto di funghi si chiama micologo e possiamo trovarlo all'ASL o, per capirci meglio, negli uffici dell'ospedale".
Credo che questo sia stato uno dei momenti più elevati della mia ormai lunga esperienza nel mondo della scuola: ho potuto cogliere l'occasione per dire che non esistono i tuttologi, sebbene l'agronomo un po' lo sia, e che di volta in volta c'è un'esperto specifico. Di più: alla domanda "Ma allora lo sai se si possono mangiare o no?" ho risposto che non lo so e che non li avrei mai mangiati prima di consultare un esperto micologo.

In quel momento una delle maestre che era con me ha fatto una domanda di fondamentale importanza, cioè ha chiesto se fossimo sicuri che si trattasse di funghi. L'occasione è stata propizia per parlare delle differenze che esistono tra animali, piante e funghi. Abbiamo concluso che non camminando, non facendo fotosintesi (non erano nemmeno verdi) e avendo la forma tipica del fungo non potevano che essere funghi. A quel punto abbiamo stimolato un'investigazione sul perché quei funghi fossero nati proprio in quel punto. C'è voluto davvero poco per scoprire che si trovavano proprio sulla radice dell'albero. Questo ci ha dato modo di parlare di funghi saprofiti, parassiti e simbionti e di escludere che si trattasse dei primi.

Formulata l'ipotesi che fossero funghi parassiti è stato inevitabile chiedersi quale tipo di danno potessero fare all'albero e io ho parlato della carie del legno.
Le facce dei bambini hanno ben presto assunto l'aspetto di chi si sta perdendo e allora abbiamo introdotto un'ulteriore variante alla nostra esperienza: siamo usciti dalla scuola in cerca di alberi in cui fosse visibile l'effetto della carie del legno e per i quali fosse evidente cosa si deve fare per non correre rischi. Inutile dire che la fortuna è stata dalla nostra parte perché proprio nel viale di fronte alla scuola sono stati abbattuti dei tigli che avevano proprio quel problema.

In buona sintesi, l'attività ha lasciato posto all'esperienza e tra ipotesi e investigazioni siamo finiti addirittura fuori dalla scuola in cerca di informazioni reperibili nell'ambiente in cui viviamo. Be', a scuola non ci si ferma qui e, come spesso faccio, ho affidato ai bambini il compito approfondire l'argomento funghi insieme alla loro insegnante. Per aiutarli qualche ora dopo ho inviato una e-mail con link ad una pagina web ipotizzando che i nostri funghi fossero dei chiodini. E qui arriva il bello. Ecco cosa si legge in uno dei lavori realizzati dai bambini nei giorni successivi: "Emilio thinks they are chiodini but we don't agree". Sì, avete capito bene: i bambini dopo alcune osservazioni hanno maturato l'idea che la mia ipotesi fosse sbagliata!

Questo è il senso puro dell'esperienza: abbandonare le attività programmate di fronte a una scoperta, investigare, formulare ipotesi e sviluppare il senso critico che lascia liberi di non accettare come verità quello che dice un possibile esperto o un insegnante, bensì giungere a conclusioni proprie utilizzando gli strumenti forniti da questi ultimi. In questo momento poco conta che la conclusione sia esatta: se non lo è si può continuare il lavoro fino a raggiungere questa condizione, se lo è il lavoro ha dato subito i migliori frutti. Essi, però, non sono il risultato, ma l'acquisizione di un metodo di lavoro.

Quasi dimenticavo: l'orto ha dovuto attendere, ma non lo ha fatto invano, come dimostrano le immagini che seguono.




Articolo a cura di Emilio Bertoncini.


6 consigli per l'orto del nuovo anno scolastico

Gli orti scolastici sono sempre più al centro dell'attenzione e dell'interesse. Proprio per questo motivo l'inizio dell'anno scolastico potrebbe essere un momento di "buoni propositi" destinato a scontrarsi con una realtà, quella dell'orto, che non sempre si evolve come vogliamo. E' per questo che abbiamo deciso di formulare 6 consigli rivolti a chi sta per imbarcarsi in questa bella avventura. A qualcuno sembrerà di aver già letto queste parole ed è vero: rilanciamo, infatti, i consigli dello scorso anno aggiungendone uno.

Il primo consiglio - L'orto scolastico è un orto didattico che nasce all'interno della scuola. La sua funzione prevalente, quindi, è quella di spazio/luogo in cui la scuola assolve al proprio compito di insegnare (forse anche di educare?). L'orto non ha bisogno di essere bello o conforme ai canoni agronomici del momento. L'orto scolastico è un laboratorio in cui si apprende, talora facendo degli errori finalizzati alla comprensione di fenomeni, regole e tecniche. Il consiglio? Lasciate perdere l'estetica, sovvertite le regole e sperimentate.

Il secondo consiglio - Nessun orto è un luogo in cui le cose accadono per caso. Gli orti sono un progetto che prende forma. L'orto domestico nasce dai nostri fabbisogni in cucina, cioè vi coltiviamo gli ortaggi che intendiamo utilizzare in cucina. La stessa regola vale per l'orto scolastico, solo che gli obiettivi sono ben diversi dal rifornire una mensa (ma non si sa mai!). L'orto scolastico è un laboratorio per le menti, per i comportamenti, per l'apprendimento. Il consiglio? Progettate l'orto sulla base degli obiettivi didattici ed educativi che nascono da un confronto tra i suoi attori (bambini/ragazzi, insegnanti, educatori, esperti, ecc.).

Il terzo consiglio - Paolo Pejrone ha scritto "In giardino non si è mai soli". Nell'orto questo è ancora più vero. E tra i possibili compagni di avventura ci sono i parassiti e le malattie delle piante. Ciò che desta preoccupazione nell'agricoltura svolta su scala territoriale e determina la necessità di effettuare trattamenti antiparassitari nella scuola è una ghiottissima occasione di apprendimento. Lo è per conoscere le interazioni tra gli organismi di un agro-ecosistema e per scoprire modi nuovi e più sostenibili di fare agricoltura. Il consiglio? Cogliete l'occasione per osservare cosa accade nell'orto quando arrivano malattie e parassiti e, quando sarà l'ora di intervenire, fatelo secondo i canoni dell'agricoltura biologica.

Il quarto consiglio - L'orto, a differenza della palestra o della scuola stessa, rinasce ogni anno, di solito più volte l'anno. Questo offre immense possibilità di scoperta. L'inizio della scuola può corrispondere al momento in cui si tolgono le piante estive, magari sopravvissute grazie al lavoro di qualche collaboratore o dei bambini che hanno accesso alla scuola in estate. Questo momento consente di scoprire come sono fatte le piante, che forma hanno le loro radici, quanta terra sono in grado di trattenere, gli odori della terra e così via. Terminata questa operazione si metteranno a dimora piante nuove e sarà una sorta di rinascita o, almeno, di metamorfosi. Il consiglio? Cogliete questo momento per sottolineare il lavoro fatto insieme e la rinascita di qualcosa che è di tutti, di un vero bene collettivo.

Il quinto consiglio - L'orto è frutto di un progetto, ma non esiste un progetto migliore degli altri o adatto per tutti. L'orto scolastico richiede, poi, un'abilità speciale: quella di cogliere al volo l'occasione per rimodellare la didattica in base a ciò che accade. L'imprevisto è spesso portatore di spunti più interessati di quello che abbiamo programmato. Il consiglio?Tenetevi la libertà di cambiare programmi, di cogliere spunti e di seguire quello che l'orto sa darvi sorprendendovi.


Il sesto consiglio - L'orto a scuola non è una novità e in passato molti, in molti luoghi e in molti modi, si sono dedicati a questa avventura. Alcuni casi di successo e, soprattutto, l'esperienza che ha ispirato questo blog e il sito www.ortiscolastici.it si sono raccontati in un libro dal quale si possono attingere molti input. Il consiglio? Leggete la recensionescritta dalla Dirigente Scolastica Maria De Biase (si, quella dell'ecomerenda a scuola) e poi procuratevi il libro "L'orto delle meraviglie" , vero scrigno di esperienze di orticoltura didattica a scuola.


E ora buon lavoro!

"L'orto delle meraviglie" nelle parole di Maria De Biase

"Le ideologie sono libertà mentre si fanno,

oppressione quando sono fatte"

Mi viene in mente questa riflessione di Jean Paul Sartre durante la lettura de L’orto delle meraviglie di Emilio Bertoncini (MdS Editore) perché realizzare un orto oggi è “un atto rivoluzionario” diventato di moda, come sostiene Francesca Durastanti nella sua bella prefazione, e quando qualcosa è di moda il rischio frequente è perderne il senso iniziale ed essenziale.

Seguire la moda senza conoscere l’essenza di un movimento è un po’ la caratteristica della nostra epoca, una ferita che chi lavora nella scuola sa quanto sia difficile da guarire. Quante scuole, infatti, realizzano orti scolastici e li celebrano in TV o altrove festeggiando con stoviglie di plastica? La moda è una facciata sfacciata che cavalca l’onda con secondi fini, quasi mai disinteressati e puri.

Il lavoro di Bertoncini invece mi è piaciuto molto proprio perché è per chi fa sul serio, non è per chi non vuole sporcarsi le mani o peggio ancora per chi sostiene che i “prodotti dell’orto non si possono mangiare perché si tratta di cibo non controllato”.
Le “meraviglie” dell’orticoltura didattica a scuola, promesse già nel titolo, naturalmente si provano solo se si ha fiducia nella terra e fidarsi significa mangiare ciò che si produce perché è stato controllato ogni giorno con il proprio lavoro fatto di attenzioni e di cure.
Per questo l’orticoltura didattica si muove nel terreno dei saperi dove “la natura istruisce senza imporre” e il manuale di Emilio Bertoncini bene si inserisce su questa linea perché, in maniera pratica, semplice e preziosa, fa in modo che la terra ci insegni di nuovo a lavorare, a cooperare, a produrre e ad esserne poi soddisfatti.

Aggiungo che consiglio vivamente il libro ai docenti e ai dirigenti di tutte le scuole che intendono realizzare orti scolastici, ma anche a quelle scuole che già lo fanno. E' un utile strumento di lavoro che aiuta con serietà e professionalità. Un bel libro di testo che potrebbe sostituire o integrare i tanti libri che, spesso, restano inutilizzati nelle nostre scuole. Una buona lettura anche per i genitori che volessero accompagnare i loro figli in questo apprendimento. 

Insomma, "L'orto delle meraviglie" può essere definito a tutti gli effetti un libro didattico!

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Maria De Biase è Dirigente Scolastica presso l'ICS "Teodoro Gaza" di San Giovanni a Piro (SA). Il video che presenta il suo progetto di "Ecomerenda a scuola" ha vinto l'Agricoltura Civica Award 2013 organizzato da "AiCARE - Agenzia Italiana per la Campagna e l'Agricoltura Responsabile ed Etica". E' vincitrice del "Premio del Cittadino Europeo" dell'anno 2015 insignitole dal Parlamento Europeo.