lunedì 8 maggio 2017

Brainstorming

Le dita hanno appena iniziato a scorrere veloci sulla tastiera e questo articolo una logica ancora non ce l'ha e, forse, nemmeno vuole averla. Si tratta, in buona sostanza, di appunti presi durante un brainstorming involontario ambientato in alcuni orti e giardini educativi.


Do you have a smartphone?

Gennaio 2017. Mi trovo nell'orto della The Bilingual School of Lucca con la classe Grade 4-5 e stiamo lavorando al progetto "Tutte le forme del grano". L'idea è assai semplice: seminare il grano in parcelle di terreno aventi una forma geometrica definita e, per lo più, inusuale. Ai quasi ovvi quadrato e rettangolo si affiancano il cerchio, due tipi di triangolo (equilatero e rettangolo), il trapezio, la stella e l'esagono. Siamo alle prese proprio con quest'ultimo che, come tutti quelli successivi al cerchio, ospiterà l'orzo al posto del grano. E', infatti, ormai tardi per la semina del frumento. Gli studenti stanno cercando di capire come si potrebbe tracciare l'esagono sul terreno. Il loro compito, infatti, è quello di disegnare le figure sul terreno per poi procedere alla sua lavorazione e alla semina. Per le altre forme un po' di ragionamento e creatività sono bastati, ma l'esagono mette tutti a dura prova. All'improvviso Daniel mi chiede se ho uno smartphone. Rispondo di sì e glielo porgo. Pochi minuti dopo ci troviamo intenti ad eseguire le istruzioni del video trovato su YouTube che descrive il modo di tracciare un esagono. Il video fa uso di fogli A4 e compasso. Noi abbiamo un prato, dei bastoncini e del filo, ma il risultato è lo stesso: poche ore dopo i bambini della sezione Kindergarden seminano orzo in una parcella a forma di esagono! per esser precisi, un esagono inscritto in un cerchio di raggio 150 cm.

Rifletto sulle opportunità dei nativi digitali: per loro non sarà essenziale un bagaglio di nozioni, ma l'abilità di trovarle.


Ecco un treno lungo lungo...

Nell'anno educativo 2015/2016 ho introdotto in alcuni nidi d'infanzia del Comune di Quarrata (PT) gli orti in cassetta. Si tratta di piccoli orticelli mobili realizzati utilizzando come contenitore le cassette con cui arriva la frutta nei negozi o, più semplicemente, nella mensa del nido. Non costano niente e consentono di realizzare orticelli anche laddove non c'è terreno disponibile. In tal senso, si prestano soprattutto a collocare dei frammenti di orto all'ingresso dei nidi, dove i bambini passano due volte al giorno e dove possono gradualmente familiarizzare con gli ortaggi che crescono. Il loro allestimento, poi, costituisce una ghiottissima occasione per far manipolare materiali naturali ai bambini.
Una delle sorprese di quest'anno è stata la comparsa nel nido comunale di Via Lippi di orticelli in cassetta realizzati in autonomia dalle educatrici. Disponendo di cassette di legno, l'idea è stata quella di dipingerle aggiungendo un tocco di colore ed estetica. La collocazione di questi piccoli orti è altrettanto significativa: si trovano nel lungo vialetto d'ingresso dove pavimentazioni artificiali e cancellate di metallo fanno la parte del leone. Il percorso di ingresso (e di uscita) si è gradualmente arricchito di ortaggi. La svolta, se così si può dire, è arrivata in occasione di un laboratorio pomeridiano svolto con le famiglie dei bambini durante il quale, in un sussulto di creatività, le cassette hanno preso la forma di locomotiva e vagoni di un treno che, più che un orto, è divenuto un giardino che dà il benvenuto e l'arrivederci ai bambini che arrivano e partono dal nido.

Rifletto sulle opportunità generate dall'incontro tra figure professionali diverse, come l'esperto di orticoltura didattica e le educatrici dei nidi.


Non buono e cattivo tempo, ma buono e cattivo equipaggiamento

Suona più o meno così il motto di Robert Baden Powell e in questo maggio del 2017, nel quale arrivano le piogge che hanno latitato per gran parte dell'inverno e della primavera, sembra essere un'espressione ricorrente. Proprio quando il calendario è più fitto di impegni, i giorni di pioggia rischiano di mandare a monte tutta la programmazione. Se non la pioggia, è il rischio della stessa che spesso induce a rinviare l'attività. La fortunata combinazione della coltivazione effettuata mediante varie tipologie di contenitore e l'impiego di due gazebo mobili diviene una sorta di panacea tanto ai timori, quanto alla pioggia vera e propria. I gazebo offrono una superficie coperta sotto la quale spostare orti in cassetta dai quali raccogliere lattughe, fioriere nelle quali piantare nuovi ortaggi e il kit orto in terrazzo che utilizzo da alcuni anni in varie esperienze di orticoltura didattica. L'orto si sposta sotto una copertura temporanea e tutto torna ad essere possibile.

Rifletto su quanto l'aver abbandonato la fisionomia dell'orto tradizionale abbia offerto e continui ad offrire opportunità e su quanto l'orto sia un pretesto per stare fuori anche quando il tempo è brutto.


A me piace la lattuga, non l'insalata

Iniziamo col sole e terminiamo sotto una pioggia battente, ma più di 40 bambini partecipano alla raccolta delle lattughe cresciute nella serra della scuola, alla loro preparazione e a una grande degustazione. Protagoniste le classi prima e seconda della scuola primaria di Nave, alle porte di Lucca. E' un progetto importante, sebbene piccolo, quello che abbiamo portato avanti quest'anno. Abbiamo coltivato le lattughe e stiamo ancora coltivando le patate. Le prime in tanti piccoli orti in cassetta, le seconde in piena terra. L'importanza dell'esperienza deriva dal fatto che, per la prima volta, si realizza una sostanziale continuità educativa e i bambini che nello stesso plesso hanno coltivato l'orto nei tre anni di scuola dell'infanzia ora lo fanno alla scuola primaria. Tra i bambini coinvolti c'è mio figlio che, con mia grande sorpresa, ripete l'assaggio delle lattughe (ben lavate e condite) più volte. Mentre torniamo a casa mi dice che ha mangiato la lattuga quattro volte e che non capisce perché da una vita gli diamo l'insalata mentre a lui piace la lattuga. Sul momento resto interdetto, poi mi dico che una differenza tra la lattuga che mangia di solito (quella che lui chiama "l'insalata") e quella mangiata a scuola (la lattuga!) c'è e si chiama freschezza. La lattuga mangiata a scuola era ancora viva mentre la masticava, quella che mangia a casa o alla mensa non deve essere più tanto vivace. Quest'ultima a volte non vede il sole da giorni. C'è un'altra cosa che potrebbe influire: quella mangiata a scuola è "la nostra lattuga", quella fatta col nostro lavoro e la nostra pazienza.

Rifletto su quale influenza hanno su di noi le parole e le esperienze.


Curare i bisognosi

Marzo 2017 rimarrà negli annali per il successo dei corsi che propongo periodicamente sul tema degli orti scolastici. Presso la The Bilingual School Of Lucca, che solitamente li ospita, ne svolgo ben due con 36 partecipanti che arrivano da quasi tutte le regioni d'Italia. E' durante la prima mattina del primo dei due corsi che si riflette sull'opportunità offerta dall'orto di incentivare il senso della cura. Accade in ogni corso, ma questa volta un'esperienza raccontata da una delle partecipanti rende tutto diverso. L'episodio cui fa riferimento ha per protagonisti, oltre ai bambini, alcune piantine destinate ad esser messe a dimora. Il problema è che sono disponibili tante piantine quanti sono i bambini, ma una è davvero sofferente e malandata. Per questo le educatrici si chiedono come reagirà il bambino o la bambina che la riceverà e temono che ci sia un rifiuto e che nessuno la voglia. Sorprendentemente, succede l'esatto contrario: i bambini notano subito la piantina malandata e tutti la vogliono. Perché? Perché accudire una pianta che sta bene non è aiutare qualcuno, mentre prendersi cura della pianta che sta male lo è. L'aula (quella del corso) si infiamma riflettendo su questo fatto: l'orto e il giardino sono un buon metodo per lavorare sul senso della cura!

Rifletto e penso a quante volte i bambini siano stati in grado di dare vita ad esperienze che mai avevo pensato o programmato, di solito insegnando qualcosa a noi adulti.


A pranzo fuori

"Affinché non ci sia tradimento" è il titolo di un paragrafo del mio libro "L'orto delle meraviglie". L'espressione si riferisce al fatto che troppo spesso tra i bambini e l'assaggio dei prodotti dell'orto si frappongono ostacoli dovuti ad una rigida interpretazione delle norme igieniche. Noi che coltiviamo orti a scuola, però, comprendiamo bene il valore educativo dell'assaggio di ciò che si è prodotto e il pericolo di distruggere le basi di un percorso se solo insinuiamo il dubbio che il nostro raccolto non sia sicuro perché non controllato. E' importante, invece, far capire come funziona la filiera del cibo che mangiamo e, soprattutto, quali sono le soluzioni per garantire l'igiene degli alimenti. Modalità di raccolta, lavaggio e gestione degli ortaggi sono, quindi, temi rilevanti di ogni assaggio. Educhiamo (anche) alla buona igiene alimentare. Non mancano, però, due elementi che accomunano molte culture del nostro pianeta: la convivialità e il senso di comunità che deriva della condivisione del cibo. E quello che raccogliamo nell'orto possiamo anche mangiarlo nello stesso orto allestendo una tavola bella e sicura.

Rifletto e penso a quante opportunità educative si perdono facendosi schiacciare dal peso di responsabilità vere e presunte.


Oltre la strada

L'orto a scuola è un'esperienza che può risultare molto coinvolgente per i bambini, ma rischia di trasmetterne un'idea univoca, mentre al mondo i modi di coltivarlo e le fisionomie dell'orto sono molte e diverse. Poterne visitare uno diverso, che risponde a obiettivi differenti, contribuisce ad arricchire l'esperienza. Trovare un orto nei paraggi, soprattutto per le scuole di città, può non essere facile. Una sbirciatina su Google Maps può, però, riservare delle sorprese. Non sono pochi, infatti, gli orti nascosti dietro siepi e muri, soprattutto nei centri storici. A volte, però, per scoprirli basta guardare poco oltre... diciamo oltre la strada e il muretto che chiude la resede della scuola. E' quanto accade a Nave (LU) dove l'osservazione dell'orto di prossimità, quello del nonno di una della bambine della scuola, può avvenire lanciando lo sguardo oltre la strada. E l'occasione è ghiotta per scoprire che l'orto avente obiettivi produttivi è diverso da quello educativo che facciamo a scuola!

Rifletto su come la scuola possa avere risorse a pochi metri dall'edificio che la ospita e su quanti siano gli ostacoli che ne impediscono la valorizzazione. Mentre lo faccio decido di contattare il nonno-orticoltore e di organizzare una gita nel suo orto.


Guarda chi è venuto a trovarci!

La semina del grano è andata male, molto male. I colombi, infatti, hanno mangiato tutti i semi (o quasi). Ci riproviamo con l'orzo poiché è ormai gennaio avanzato. Siamo nell'orto-giardino di un nido e, dopo aver smosso un po' la terra che già aveva ospitato i semi del grano, ci apprestiamo a seminare il nuovo cereale. Con l'impertinenza propria dei colombi, uno di loro si presenta tra i bambini che ancora tengono in mano i semi e... reclama il proprio pasto! Da agricoltori provetti avremmo più di un motivo per protestare, ma l'occasione di vedere da vicino un rappresentante della fauna urbana è una tentazione troppo grande. E' per questo che di lì a poco lanceremo un po' di semi di orzo nel prato per far sostare il più possibile il nostro impavido piccione. L'incontro si protrae per un po', poi lui se ne va sazio e noi proseguiamo nella semina. La nostra nuova parcella circolare di orzo è destinata ad esser protetta con un telo di tessuto non tessuto ben fissato a terra su tutto il perimetro per difendere i semi appena nascosti sotto terra, ma il colombo è ormai la star del giorno.

Rifletto su quanto spesso diamo per scontate cose che non lo sono. Per esempio, non è affatto scontato che i bambini di un nido conoscano i colombi.


Gli appunti di questo brainstorming sembrano non finire mai, ma è giunto il  momento di far sedimentare esperienze e riflessioni. Non c'è una conclusione da trarre, ma il consolidarsi di una consapevolezza: agire a favore delle esperienze che divengono fattore educativo e lasciar perdere la rigida programmazione di un'attività, spesso aumenta l'utilità del progetto di orticoltura didattica a scuola (e nei nidi).


[Articolo a cura di Emilio Bertoncini]