martedì 5 gennaio 2016

The strange mushrooms

"Esperienze di orticoltura didattica a scuola": è questa l'espressione che mi piace utilizzare quando parlo di orti scolastici. Sulle prime non è facile comprendere la differenza, ma è sostanziale: nel primo caso l'orto è un mezzo per vivere esperienze educative e formative, nel secondo l'orto diviene il fine e limita le possibilità di esplorare il mondo, cosa che scuola e servizi educativi sono chiamate a fare con i bambini e i ragazzi. Ne ho parlato ampiamente nel libro "L'Orto delle meraviglie".

Se esperienza deve essere, si deve abbandonare la logica dell'attività didattica, quindi di un qualcosa di strutturato e preordinato tanto negli obiettivi, quanto nei risultati e nello svolgimento. Un esempio estremamente calzante si è presentato qualche settimana fa presso la "The bilingual school of Lucca" dove da alcuni anni esiste un orto scolastico. Come programmato, i bambini sono usciti dall'edificio che ospita la scuola per andare nel "giardino segreto" che ospita una parte dell'orto. Era prevista la lavorazione di una parcella di terreno cui sarebbe seguita una semina, ma uno dei bambini ha ben presto notato alcuni funghi posti alla base di un albero al quale è appoggiata una delle grandi immagini di ortaggi che campeggiano proprio nel giardino segreto. "Guardate, ci sono dei funghi!" ha esclamato. Da quell'esclamazione è nata un'esperienza molto articolata che nessuno aveva e avrebbe potuto programmare e che ha trasformato una tranquilla mattinata di orticoltura didattica in un momento di straordinaria valenza educativa.

Per capire cosa è successo dobbiamo proseguire con un po' di cronaca e commentarla.


I bambini corrono verso la famigliola di funghi, io mi faccio spazio tra loro e arriva subito una domanda: "Che funghi sono?". Di fronte alla domanda chiedo ai bambini di sedersi in cerchio, cosa che faccio anch'io, e smonto subito il mio ruolo di esperto: "Bambini, io sono un agronomo, cioè una persona che sa come si coltivano le piante, e i funghi non li conosco". Facce ammutolite. Continuo: "Non si può essere esperti di tutto. L'esperto di funghi si chiama micologo e possiamo trovarlo all'ASL o, per capirci meglio, negli uffici dell'ospedale".
Credo che questo sia stato uno dei momenti più elevati della mia ormai lunga esperienza nel mondo della scuola: ho potuto cogliere l'occasione per dire che non esistono i tuttologi, sebbene l'agronomo un po' lo sia, e che di volta in volta c'è un'esperto specifico. Di più: alla domanda "Ma allora lo sai se si possono mangiare o no?" ho risposto che non lo so e che non li avrei mai mangiati prima di consultare un esperto micologo.

In quel momento una delle maestre che era con me ha fatto una domanda di fondamentale importanza, cioè ha chiesto se fossimo sicuri che si trattasse di funghi. L'occasione è stata propizia per parlare delle differenze che esistono tra animali, piante e funghi. Abbiamo concluso che non camminando, non facendo fotosintesi (non erano nemmeno verdi) e avendo la forma tipica del fungo non potevano che essere funghi. A quel punto abbiamo stimolato un'investigazione sul perché quei funghi fossero nati proprio in quel punto. C'è voluto davvero poco per scoprire che si trovavano proprio sulla radice dell'albero. Questo ci ha dato modo di parlare di funghi saprofiti, parassiti e simbionti e di escludere che si trattasse dei primi.

Formulata l'ipotesi che fossero funghi parassiti è stato inevitabile chiedersi quale tipo di danno potessero fare all'albero e io ho parlato della carie del legno.
Le facce dei bambini hanno ben presto assunto l'aspetto di chi si sta perdendo e allora abbiamo introdotto un'ulteriore variante alla nostra esperienza: siamo usciti dalla scuola in cerca di alberi in cui fosse visibile l'effetto della carie del legno e per i quali fosse evidente cosa si deve fare per non correre rischi. Inutile dire che la fortuna è stata dalla nostra parte perché proprio nel viale di fronte alla scuola sono stati abbattuti dei tigli che avevano proprio quel problema.

In buona sintesi, l'attività ha lasciato posto all'esperienza e tra ipotesi e investigazioni siamo finiti addirittura fuori dalla scuola in cerca di informazioni reperibili nell'ambiente in cui viviamo. Be', a scuola non ci si ferma qui e, come spesso faccio, ho affidato ai bambini il compito approfondire l'argomento funghi insieme alla loro insegnante. Per aiutarli qualche ora dopo ho inviato una e-mail con link ad una pagina web ipotizzando che i nostri funghi fossero dei chiodini. E qui arriva il bello. Ecco cosa si legge in uno dei lavori realizzati dai bambini nei giorni successivi: "Emilio thinks they are chiodini but we don't agree". Sì, avete capito bene: i bambini dopo alcune osservazioni hanno maturato l'idea che la mia ipotesi fosse sbagliata!

Questo è il senso puro dell'esperienza: abbandonare le attività programmate di fronte a una scoperta, investigare, formulare ipotesi e sviluppare il senso critico che lascia liberi di non accettare come verità quello che dice un possibile esperto o un insegnante, bensì giungere a conclusioni proprie utilizzando gli strumenti forniti da questi ultimi. In questo momento poco conta che la conclusione sia esatta: se non lo è si può continuare il lavoro fino a raggiungere questa condizione, se lo è il lavoro ha dato subito i migliori frutti. Essi, però, non sono il risultato, ma l'acquisizione di un metodo di lavoro.

Quasi dimenticavo: l'orto ha dovuto attendere, ma non lo ha fatto invano, come dimostrano le immagini che seguono.




Articolo a cura di Emilio Bertoncini.